Falsi

 

Secondo il dizionario Treccani si definisce falso “quello che ha l’aspetto di ciò che non è”. “F….” termine ricorrente nel mondo del collezionismo militare, definizione che suona da monito severo ai “novellini” che vi si avvicinano; spesso, il falso, mortifica l’entusiasmo e la passione.
Chi di noi non ha mai dubitato, eppure si è reso conto di ritrovarsi in collezione qualcosa “che non andava”? Personalmente, in passato, mi è capitato con rammarico di constatare o di sentirmi dire che un pezzo del quale andavo orgoglioso era invece “da lasciar perdere”; magari al momento dell’acquisto, come realmente mi è capitato, avevo sentito il parere di qualcuno che consideravo “molto esperto”, invece poi… La delusione che è seguita è stata tremenda e mi era venuta voglia di mollare tutto.
Queste righe, implementabili nel tempo, si propongono come piccolo aiuto o suggerimento a chi vuole collezionare, oppure a chi ha le idee confuse o ha in mente un acquisto importante e non ha, per mancanza di esperienza, certezze nella scelta.
Rendendoci conto che i giovani si avvicinano sempre meno al mondo collezionistico, complice il fatto che molti di essi vengono “scottati” da questa inesperienza, noi dell’Associazione Isonzo abbiamo convenuto di dare loro un aiuto cercando di smascherare l’opera dei “taroccatori”. Nella speranza di aver trovato una strada percorribile, iniziamo prendendo in esame gli elmetti, argomento “caro” a chi scrive.
È fin troppo evidente che la pressante richiesta da parte dei sempre più numerosi collezionisti per questa tipologia di cimeli, oltre a far inevitabilmente lievitare i prezzi per esaurimento della quantità disponibile, innesca la fraudolenta abitudine di far abilmente arrivare sul mercato pezzi che si presentano completamente rifatti, compreso il guscio (o scafo metallico come dir si voglia) e non più, o quasi, con qualche innocente “restaurino” come agli inizi.
L’arte della contraffazione ha purtroppo raggiunto livelli di eccellenza e anche i vecchi collezionisti, abituati in passato ad acquistare fiduciosamente, data la gran quantità di materiale “buono” disponibile sul mercato, sono ora in comprensibile imbarazzo nell’esprimere un parere, non essendo aggiornati sulle nuove tecniche di contraffazione e invecchiamento dei materiali. La proposta di materiale contraffatto da qualche tempo avviene anche “on line”, riguarda tutto il materiale militare “vecchio” sia esso metallico, tessile o cartaceo, incluse le fotografie.
Un mezzo indispensabile per riconoscere i “tarocchi” evidenziando i dettagli è sicuramente la macrofotografia digitale, che ci permette di esagerare con gli scatti che spesso, in quelli che consideriamo magari da gettare, rivelano particolari inquietanti. L’attento esame delle immagini unita alla possibilità di un adeguato ingrandimento tramite il p.c., può aiutarci a scoprire dettagli che a occhio nudo potrebbero altrimenti non essere notati.
Buon metodo ed indizio di autenticità dell’oggetto e di buona fede del venditore è quello di poter ottenerlo in breve visione. Ovviamente questo non è sempre possibile, bisogna fidarsi con le opportune cautele, meglio ancora contrattare con venditori notoriamente seri e che sono disposti ad assumersi anche in seguito le loro responsabilità.
L’ideale, avendone l’occasione o la fortuna di poterlo fare, sarebbe poter confrontare il pezzo acquistato con uno identico del quale non dubitiamo in alcun modo. Può risultare, a volte, risolutivo in sede di esame dell’oggetto, il parere di un amico esperto che vede la situazione con distacco e non viene contaminato dalla “bramosia” di possedere che in quel momento ci offusca la mente. Ho fatto caso, nei giorni successivi all’acquisto, che guardando il cimelio da angolazioni e luci diverse si notano dei particolari, delle “piccolezze” delle quali magari soltanto il giorno prima non mi ero accorto. Naturalmente qualche ulteriore fotografia può risultare efficace a questi fini così come il suo esame assieme ad un esperto collezionista di nostra conoscenza.

Scrivendo di elmetti, è necessario premettere che quelli più “imitati” proposti sul mercato italiano sono nell’ordine:
– paracadutista tedesco II guerra mondiale;
– tedeschi in genere II guerra mondiale;
– * austro-ungarico della Iguerra mondiale mod. Berndorfer;
– * italiano I guerra mondiale mod. Farina;
– italiani della R.S.I.;
– * austro-ungarici in genere della I guerra mondiale;
– * italiani in genere della I guerra mondiale;
Con l’asterisco abbiamo contrassegnato gli elmetti del primo conflitto mondiale che prenderemo in esame commentandoli di seguito, con l’aggiunta di un “mod. 33” italiano recentemente comparso a più riprese nelle trattative telematiche.

Le prime immagini dalla nr. 1 alla nr .6 sono state gentilmente concesse dall’amico R.P. di Trieste che ultimamente è diventato una sorta di depositario della “verità rivelata” o forse una sorta di “refugium peccatorum” per collezionisti o aspiranti tali, loro malgrado vittime di raggiri o incauti acquisti “on line” e non. Egli mette a disposizione per il bene comune una rassegna fotografica di questa non augurabile collezione.

Questa foto presenta un insieme di elmetti contraffatti, a prima vista sembrano tutti autentici invece lo è solamente il nr.5; purtroppo è stato proposto ed acquistato come materiale di altre origini.

Elmetto nr. 1. Imitazione di elmetto austro-ungarico mod. 1917: vediamolo nei dettagli:

L’esterno si presenta abilmente verniciato in tinta opaca, la tonalità del colore è ben imitata, manca completamente la patina del tempo.

L’interno si presenta completo con i suoi cuscinetti di pelle dal colore nero che mal si adattano come forma all’elmo, il soggolo è confezionato con nastro in canapa da tappezziere.

Particolare della stampiglia di accettazione (Brünn) . La stessa vuole infelicemente riferirsi alla fabbrica BGB (Bruder Gottlieb und Brauehbar di Brünn).

Elmetto nr. 2. Imitazione di elmetto mod. 1918 “Berndorf”, cosiddetto “ungherese”. Esaminiamone i dettagli:

Le foto ci fanno capire che ci troviamo davanti ad un falso di ottima fattura che può trarre in inganno specialmente “on line”, come è effettivamente capitato ad un incauto acquirente: buona imitazione della brunitura, ottima tonalità del colore. Una volta in possesso l’acquirente si è reso conto (troppo tardi) che al tatto e visivamente la vernice non era quella che doveva essere…

L’ interno si presenta confezionato molto bene, con le pattelle molto somiglianti al vero “ungherese”, così come perfettamente imitate sono anche le cuciture . Il soggolo è di canapa spessa e molto grezza. La fibbia è dello stesso tipo di quello montato sugli elmetti cecoslovacchi del primo dopoguerra. Una volta esaminato dal vero, si scopre che la pelle dell’interno è di fabbricazione recentissima (anche per l’odore che emana).

Dettaglio del ribattino di fissaggio del cerchione. Si vede chiaramente il foro di sede dello stesso praticato con il trapano. Il ribattino battuto più volte, è invecchiato artificialmente.

Due dettagli che rivelano, per fortuna, impreparazione e “fantasia artistica”: sinistra il punzone riportante il celebre orsetto, marchio di fabbrica della Berndorf e alla base del logo la taglia dell’elmo (64). Fin qui tutto bene, ma a fianco una strana sigla : SW. Chissà cosa vorrà significare? Nella foto a destra un’ imitazione della stampiglia di approvazione abilmente “consumata”.
Nell’insieme questo “tarocco”, oltre che per la buona “qualità” dell’ imitazione, si è realizzato commercialmente per l’abile sfocatura delle immagini proposte via web.

Elmetto nr.3, austro-tedesco.

Particolari delle foto: trattasi di una maldestra imitazione di elmetto austro-tedesco mod. 1917, che tuttavia ha tratto in inganno un incauto acquirente e che si presenta con una strana vernice giallodeserto, tipo DAK. All’interno risultano evidenti le manomissioni al gancio del soggolo.

Elmetto nr. 4. Elmetto italiano mod.1916 : il fregio del 9° reggimento della brigata Regina si presenta abilmente rifatto. Ridipinta anche la base grigio verde.

Elmetto nr.5. Elmetto cecoslovacco del primo dopoguerra perfettamente originale, ma acquistato come elmetto austro-ungarico mod. 1917. Osserviamolo in dettaglio:

Pur essendo un particolare trascurabile, la colorazione, molto simile a quella del copricapo metallico suo predecessore, è leggermente più scura. All’interno un’imbottitura in pelle bianca che, secondo il parere di molti esperti, mai dovrebbe rinvenirsi in un elmetto austro-ungarico.; gli occhielli metallici delle pattelle sono di dimensione più grande di quelli originali e le linguette delle stesse hanno una conformazione più pronunciata. Il soggolo è di classica fabbricazione cecoslovacca, simile a quelli che a volte si trovano montati sui modelli Berndorf. Inoltre, la trama del tessuto di canapa di questo soggolo è molto diversa dall’originale, come diverso è anche il colore della sua ferramenta.

Il cerchione di metallo all’interno è simile a quello austro-ungarico, il rivetto di fissaggio dello stesso ha le linguette ripiegate molto più sottili di quelle rinvenibili su qualunque modello a.u.

Punzone di fabbrica che “sembra” il famoso BGB (già citato in precedenza), ma che invece non lo è. Preciso per esperienza personale che anche molti elmetti con il BGB sono stati ricondizionati e riutilizzati da vari eserciti dopo la I g.m., quindi attenzione ai dettagli.

Elmetto nr.6.Elmetto italiano mod 1933 dei Carabineri Reali, proposto “on line” in varie occasioni anche nel colore nero e spesso, purtroppo, anche acquistato. Il falsario parte sempre da una base grigio verde autentica, in questo caso per dipingere il fregio a mascherina ha utilizzato un foglio di carta sul quale ha pazientemente ritagliato con un cutter il famoso fregio. Grazie ad un buon ingrandimento fotografico è facile accorgersene.

La macrofotografia evidenzia le abrasioni subite da questo mod. 1917 austro-ungarico. Le stesse sono servite a togliere dalla parte anteriore delle scritte o tracce di qualche applicazione; sul lato destro, in prossimità del “cornetto” di areazione, è stato abraso un probabile decal ed è interessante scoprire come le tracce dei graffi siano state abilmente camuffate tramite della ruggine indotta artificialmente. Vi posso garantire che a occhio nudo è difficile accorgersene.

Ecco cosa ci si ritrova in mano nel fidarsi di acquisti effettuati esaminando solamente fotografie sfocate quanto basta e con il colore virato con un programma di fotoritocco: ci si “imbatte”, come in questo malaugurato caso, in un preteso mod.1917 a.u. con tutti i rifacimenti e ritocchi che si possono ben vedere. Per la cronaca, il venditore, contattato dall’ingenuo acquirente, dopo qualche resistenza iniziale, si è assunto le proprie responsabilità restituendo il denaro anticipato.

Elmi ed elmetti Farina

Alcune fabbrichette dell’est europeo e non solo, negli ultimi tempi si sono attrezzate non poco nel riportare “in produzione” gli elmi, gli elmetti e le corazze pettorali prodotte dall’ing. Ferruccio Farina, che in quel di Milano fabbricava quelli che sono oggi alcuni tra gli oggetti più ricercati dai collezionisti di elmi italiani utilizzati nella Grande Guerra. I risultati sono questi: A sinistra elmetto Farina senza areazione, a destra il suo interno. Si presenta privo di brunitura e di color verde chiaro. Per assomigliare all’originale è stato “invecchiato” artificialmente. Osservando l’interno si capisce che la calotta è stata “inventata”, come evidenziato anche dalla inconsueta lucentezza dei ribattini o chiodi come dir si voglia.

Elmo Farina modello “alto” con areazione cupolare e crestino “riciclato” da un Adrian mod. 1915. Anche qui la vernice è stata rapidamente “invecchiata”, manca sempre la brunitura.

Come mai il soggolo di un elmo in queste condizioni si presenta in forma così smagliante?

Elmetto farina con areazione; bel verde cupo invecchiato in maniera più lenta ma aggressiva. La dimensione dei ribattini è stata determinante per smascherare questo pezzo di discreta fattura.

A sinistra (foto 11 a) elmo Farina (mod. alto) fotografato posteriormente, sempre privo di brunitura comunque. A destra (foto 11 b) altro elmetto Farina proposto via web: la superficie molto abrasa è stata lisciata ed evidenziata con una passata di grasso o lucido. Osservando attentamente la calotta nella giunzione con le parti esterne si capisce tutto. I ribattini di fissaggio sono eccessivamente nuovi e manca la brunitura.

Un bel verde pisello per questo elmo Farina. Si osservi bene la calotta nel suo intersecarsi con la corazza anteriore. Anche qui l’acido o il letamaio hanno agito sulla vernice.

Recentemente ho avuto modo di osservare alcuni di questi elmi parzialmente restaurati partendo magari dalla sola corazza anteriore risultata autentica. Presentavano una brunitura simile all’autentica solamente nella parte “buona”. La foto seguente mostra uno di questi “esempi”:

bell’esemplare “di scavo” di un elmo Farina mod. alto con areazione in cui la parte frontale va tutta bene: si osservi come la brunitura, nonostante tanti decenni di permanenza nel terreno sia ancora presente; di lato, invece, un accurato esame effettuato anche con l’ausilio della macrofotografia mette in risalto il fatto che il paranuca è stato costruito e riapplicato totalmente, i ribattini di fissaggio sono ben diversi da quelli anteriori e si presentano nuovi e di forma più bombata. La lamella di fissaggio del soggolo e relativo ribattino sono stati ricavati dalla rimanenza della lamiera usata per il paranuca; il frammento superstite del soggolo ed il ribattino di fissaggio sono stati anch’essi costruiti ex-novo. Quanto sopra riportato ha messo in luce che ci troviamo di fronte ad un pesante restauro su parti preesistenti e autentiche di un elmo considerato molto raro.

Elmetti Berndorfer

Un’unica serie di foto senza commento, un insieme molto molto contemporaneo… Una delle immagini è stata intenzionalmente riproposta affinché resti ben impressa nella memoria.

Conclusioni

con la speranza di essere stati d’aiuto crediamo sia onesto precisare che “on line” si fanno anche, anzi spesso, ottimi acquisti. Come in tutti i “mercati” in piazza, anche in quelli telematici c’è sempre però qualcuno che cerca di fare il furbo…

Un sentito ringraziamento all’amico e speriamo presto nostro socio Pierpaolo Russian per alcune di queste foto e per le relative spiegazioni tecniche fornite. All’amico e socio Sergio Chersovani per l’instancabile e paziente collaborazione nella stesura di queste righe. Le foto successive alla nr. 6 provengono dall’archivio fotografico dell’autore e di R.P. oppure sono state gentilmente fornite da collezionisti sfortunatamente o ingenuamente venuti in possesso di alcuni di questi copricapo, a loro tutta la solidarietà della nostra Associazione ed è a loro, a fin di bene, che queste pagine sono dedicate.

Pierpaolo Cocianni