Alba di fuoco a Lucinico

 

Appena ebbe accertato che l’Esercito Italiano aveva preso saldamente possesso di Cormòns, il Comando della 58ª Divisione austro-ungarica, che nel frattempo si era insediato nei locali del palazzo di Giustizia di Gorizia, non avendo a disposizione truppe sufficienti da poter inviare contro il nemico per impegnarlo in uno scontro campale, si risolse di arrecargli il maggior disturbo possibile, anche psicologico, colpendo con un mortaio Škoda da 30,5 cm lo scalo ferroviario della città collinare, centro nevralgico di tutto il traffico di truppe, materiali e quadrupedi affluenti per l’avanzata contro la testa di ponte di Gorizia.

Il capitano Geza Lajtos von Szentamaria, comandante del mortaio II da 30,5 cm della k.u.k. Mörserbatterie Nr.7 che sparò dalla piazza di Lucinico (da “Ehrenbuch unserer Artillerie” vol. 2° – Wien, 1932).

Poiché il 1° giugno gli italiani avevano già occupato la collina di Gradiscutta e si stavano inesorabilmente avvicinando a Lucinico, c’era il rischio imminente che la stazione di Cormòns venisse a trovarsi al di fuori della portata del mortaio, la cui gittata ottimale si aggirava sui nove-dieci chilometri. Pertanto nella notte tra il 2 e il 3 giugno 1915 venne urgentemente trasportato oltre l’Isonzo e messo in batteria sulla piazza principale di Lucinico, uno dei due mortai Škoda da 30,5 cm della Mörserbatterie Nr.7 (il II) al comando del capitano di artiglieria Geza Lajtos von Szentmaria.

Per assicurare la dovuta protezione contro l’eventuale irruzione nel paese da parte di colonne italiane e scongiurare il rischio che potesse cadere in loro mani questa preziosa bocca da fuoco, fu rinforzato con l’afflusso di alcuni plotoni di fanteria l’esile schieramento di truppe austro-ungariche che si snodava ad appena qualche centinaio di metri dal punto in cui era piazzato il mortaio e furono innalzate ostruzioni stradali sulle vie d‘accesso. Da qui il grosso pezzo sparò in rapida successione una quindicina di “bauli” di oltre tre quintali e mezzo di peso all’indirizzo della stazione di Cormòns, che in quel inizio di mattino pullulava di truppe appena smontate dalle tradotte, e poco dopo il levar del sole era nuovamente riparato oltre l’Isonzo.

Un colpo, verosimilmente il primo, centrò in pieno la sala ristorante della stazione, dove in quel momento si stavano rifocillando gli ufficiali di un reggimento appena scaricato dal treno, uccidendoli tutti. Gli altri colpi seminarono morte, distruzione e panico per tutto lo scalo ferroviario. Gli italiani, come risposta a questo inaspettato “raid” artiglieresco, il giorno dopo scaricarono su Lucinico una tempesta di fuoco di tutti i calibri provocando moltissime distruzioni ed anche alcune vittime tra la popolazione civile. Ma l’obiettivo principale cui puntava il Comando austro-ungarico era stato raggiunto: gli italiani arrestarono per un po’ la loro avanzata e ciò consentì agli avversari di guadagnare tempo prezioso per trincerarsi al meglio in difesa lungo il Calvario.

Il mortaio Škoda da 30,5 cm

Vanto dell’artiglieria austro-ungarica, il miglior pezzo del suo genere in uso tra tutti i belligeranti, il mortaio M.11 da 30,5 cm era stato appositamente progettato dalle Officine Škoda di Plzen in Boemia per demolire opere fortificate. Suoi punti di forza erano la mobilità, potendo viaggiare con traino meccanico scomposto in tre carichi (canna-affusto-culla) e la relativa rapidità con cui poteva essere messo in batteria (6-8 ore) e smontato (2-6 ore). La cadenza di tiro si aggirava sui 3-4 minuti. Poteva lanciare alla distanza massima di 11 chilometri un proiettile di 380 chili di peso.

Pierpaolo Cocianni

Nella livida luce dell’alba del 3 giugno 1915 il mortaio Skoda sistemato sulla piazza di Lucinico si presenta quasi alla massima elevazione pronto per lo sparo del primo colpo. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lo stesso mortaio in posizione abbassata per le operazioni di caricamento. Lo spostamento d’aria seguito allo sparo del primo colpo ha provocato un tale sconquasso, che gli infissi delle porte e delle finestre delle vicine case risultano divelti, le tegole smosse e sparpagliate sulla via sottostante. L’intonaco della casa adiacente che recava l’insegna del negozio di commestibili “D’Este” è andato in frantumi. Si è conservata solo l’insegna di una vicina macelleria che, per una macabra coincidenza, risulta allineata con la volata della bocca da fuoco. Il temerario impiego a poche centinaia di metri dal nemico di una bocca da fuoco così grossa e ingombrante, alla stregua di un pezzo da campagna delle batterie a cavallo, è un episodio posto in risalto negli annali dell’artiglieria austro-ungarica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Una prospettiva sulle distruzioni di piazza San Giorgio a Lucinico in una foto di circa un anno posteriore a quelle con il mortaio. La casa sulla destra, dopo quella con l’androne a volta, è quella che riportava l’insegna del negozio di commestibili “D’Este”, andata in frantumi per effetto degli spari (Archivio “Isonzo – Gruppo di ricerca storica”).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gli edifici adiacenti al mortaio Skoda come si presentano oggi, dopo la ricostruzione postbellica.