CICLOESCURSIONE TURISTICA IN MOUNTAIN-BIKE ALLA SCOPERTA DELLE VESTIGIA DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE

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Domenica 15 aprile 2007 “Isonzo” era in ciclogita. Questo è un piccolo resoconto fotografico di una meravigliosa giornata, seguono poi alcuni cenni storici.

CENNI STORICI

Di fronte a Gorizia, sulla riva occidentale dell’Isonzo una zona di basse colline copre la vista del fiume. L’altura del Podgora e del Calvario costituiva allora il primo serio ostacolo dinanzi alle truppe italiane avanzanti. Questa cintura collinare era protetta dalle posizioni austroungariche del Monte Sabotino, alto e roccioso caposaldo settentrionale della testa di ponte di Gorizia.

L’appoggio che il sistema del Podgora riceveva dall’artiglieria posta sui rovesci del Monte Santo tramite gli osservatori in caverna sul Monte Sabotino ne integrava le caratteristiche di baluardo naturale e creava un serio problema tattico alle forze attaccanti. I piani Italiani prevedevano che le alture del Podgora e del Calvario situate sul lato destro dell’Isonzo, fossero conquistate di slancio in modo da portarsi sulla sponda opposta del fiume stesso. Le truppe incaricate della difesa appartenevano alla 58ª divisione di fanteria, agli ordini del Generale von Zeidler, inquadrata nel XVI Corpo d’Armata. Il Comando del XVI Corpo, conscio dell’imminenza di un attacco nemico alla testa di ponte goriziana, intendeva sostenere la 58ª divisione con ogni mezzo: su richiesta del Generale d’artiglieria Wurm, il Generale BOROEVIĆ mise a disposizione quattro battaglioni della riserva d’armata, dislocata presso San Pietro (48ª divisione). Nel pomeriggio dell’8 giugno 1915 l’11ª divisione di fanteria italiana attaccò il settore del Podgora quota 184 e 240 ma l’artiglieria della 58ª divisione a.u. costrinse gli attaccanti alla ritirata. Protette dall’artiglieria diretta dal Sabotino, dai reticolati e dalle mitragliatrici, le truppe imperial-regie sembravano invincibili e le linee da loro occupate imprendibili.

Le fanterie regie, già decimate dal cannone prima di arrivare alla linea di partenza degli assalti, venivano successivamente distrutte dalla mitraglia. I loro sforzi non riuscivano ad avere ragione dei difensori: il 10 giugno il 35° reggimento di fanteria della Brigata Pistoia, fermato dalla reazione combinata dell’artiglieria e dalle mitragliatrici, aveva perso 22 ufficiali e 500 soldati. Alla fine di giugno, nel corso della Prima battaglia dell’Isonzo, due giorni consecutivi di attacchi italiani non diedero risultati apprezzabili. Le difese erette dalle truppe austro-ungariche fermarono ovunque i battaglioni regi. Con il passare del tempo divenne evidente che la caduta del Sabotino e la neutralizzazione almeno parziale dell’artiglieria sulla sponda sinistra dell’Isonzo erano condizioni imprescindibili per far cadere anche il sistema trincerato del Podgora, che a sua volta poteva essere il preludio dello sgombero della città di Gorizia e del Carso di Doberdò da parte austro-ungarica.

Già nella seconda battaglia dell’Isonzo lo sforzo principale Italiano era rivolto contro i settori Sabotino e Monte San Miche, facendo del Podgora il teatro di azioni dimostrative. In termini di sofferenze e vite umane sacrificate quelle azioni “secondarie” non costarono meno degli attacchi principali, poiché si trasformarono in scontri di inaudita violenza. Nei mesi di ottobre e novembre più volte ad opera della 12ª e 11ª divisione italiana, le trincee del Podgora e del Calvario furono conquistate e successivamente perse. In un alternarsi continuo di assalti e contrattacchi, monotona teoria di stragi accompagnate da violentissimi concentramenti di fuoco d’artiglieria, l’esercito italiano dovette segnare il passo.

Alla fine dell’anno le truppe italiane occupavano solo alcuni tratti di trincea pericolosamente esposti al tiro dell’avversario. A queste difficoltà se ne aggiunse una di carattere naturale: il rigido inverno, che non meno delle pallottole cominciò a mietere vittime. Il 19 marzo 1916 le truppe del XVI Corpo austro-ungarico effettuarono un attacco su scala ridotta in risposta all’offensiva italiana del 13 e 17 marzo, nella quale la 12ª divisione del VI Corpo italiano aveva conquistato alcuni elementi di trincea e il cosiddetto Naso di Lucinico (una posizione del Podgora). Dapprima attaccarono il settore tra il Peumica e il Podgora, senza successo il 27 investirono l’11ª divisione sull’allineamento Podgora – Grafenberg, ma i combattimenti non modificarono la situazione. Il sistema trincerato del Podgora fu definitivamente conquistato dagli italiani soltanto nell’agosto, durante la sesta battaglia isontina: i nuovi accorgimenti sia di carattere organizzativo sia tecnico, tra i quali il concentramento in numero elevato di bocche da fuoco in un tratto ristretto del fronte (210 pezzi di medio e grosso calibro) e l’intensità del bombardamento nel tempo e nello spazio, impedirono agli austro-ungarici di riaversi in tempo per respingere l’assalto generale. Fattore determinante fu, però, il successo dell’attacco contro il Sabotino, preparato da tempo portando le trincee d’attacco quasi a ridosso della linea avversaria, che permise di affermarsi saldamente sulla dorsale del monte, minacciando di aggiramento le truppe della 58ª divisione austro-ungarica schierata dal Sabotino a Lucinico. La 24ª e la 23ª divisione Italiana investirono rispettivamente il tratto Oslavia – Quota 188 e la liena del Podgora propriamente detto (quota 157 e 240).

L’immissione delle deboli riserve imperial-regie impedì il crollo del fronte nel primo giorno dell’offensiva (6 agosto). Era comunque questione di tempo, dato che 9 battaglioni austro-ungarici con 7 di riserva dovevano affrontare 12 reggimenti italiani a pieno organico, appartenenti a 6 brigate di fanteria; nemmeno gli sforzi di unità come il 2° reggimento della leva popolare ungherese (Népfelkelés), che respinse da solo dodici attacchi di seguito poteva servire a qualcosa in mancanza di adeguati rinforzi. La superiorità numerica e materiale Italiana consentì di occupare la testa del ponte di Lucinico e le rovine dell’abitato di Podgora, mentre sul crinale cadevano l’altura di Peuma e la cortina trincerata tra le due quote 138 e 240. La posizione di Oslavia, la collina morta, venne a trovarsi in una situazione molto critica. Quando la Brigata Trapani con i battaglioni II/144° e II/149°, agli ordini del tenente colonnello Gazagne, prese la quota 138, l’intera dorsale potè considerarsi perduta per le truppe della 58ª divisione austro-ungarica, che l’avevano difesa per più di un anno. Non sortendo effetti i contrattacchi e non avendo riserve da gettare nella mischia, il comando della 5ª armata a.u. ordinò lo sgombero della riva destra dell’Isonzo per la notte tra il 7 e l’8 agosto 1916.

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Cartina tratta dalla pianta della città di Gorizia e Nova Gorica, in scala 1:25.000 edita dal Geodetski Zavod Slovenje.

1. Ponte del Calvario e “campo trincerato dell’Osteria” in località Groina; 2. Cippo di Scipio Slataper; 3. Ingresso camminamento del 24° Zappatori; 4. Cippo dei Volontari Giuliani e Dalmati; 5. Obelisco di quota 240; 6. Tre Croci; 7. Cannoniere del “naso” di Lucinico (fondo privato); 8. Cippo del Sottotenente Aldo Comandini, 11° reggimento fanteria (Brigata Casale); 9. Lapide in via degli Eroi a Lucinico; 10. = T Sosta di tappa alla Baita degli Alpini di Lucinico, sede anche dell’Associazione “Isonzo”. 11. Fontana del 115° reggimento fanteria (Brigata Treviso) a Uclanzi; 12. Resti del Cimitero dei Bersaglieri a Uclanzi (fondo privato); 13. Sottopassaggio ferroviario di Lucinico con ingresso murato di ricovero e lapide del Genio; 14. Sottopassaggio ferroviario “Aurelio Baruzzi” di Podgora-Piedimonte.

Da “SUI SENTIERI DELLA GRANDE GUERRA ALLA RICERCA DELLA STORIA” dI Enrico Cernigoi, Flavio Cucinato, Gianluca Volpi. Edizioni LA LAGUNA, 1999.

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